ARTICOLI CHE PARLANO DI OPERE CONTRO LA FEDE CRISTIANA E ARTICOLI CHE DIFENDONO LA FEDE CRISTIANA.
lunedì 4 maggio 2009
IL MAXI POSTER SULLA CHIESA DI VENEZIA
Il maxi poster sulla Chiesa di Venezia
Immagine sexy sulla facciata di san simeon piccolo
Il maxi poster sulla Chiesa
che fa litigare Venezia
La Curia: «È immorale». Il soprintendente: «Ci dà i soldi per i restauri»
DAL NOSTRO INVIATO
VENEZIA — Aiuto, si salvi Venezia. Dalla pubblicità. «Almeno le facciate delle chiese andrebbero risparmiate da questo segno dei tempi — invoca monsignor Antonio Meneguolo, portavoce del Patriarcato —. In un Paese civile, per i restauri bisognerebbe trovare altre fonti di finanziamento. Invece, anche nella città più artistica del mondo sono arrivati gli sponsor che, ovviamente, chiedono ritorni di immagine, piazzando i loro manifesti-spot sugli edifici. Perfino noi sacerdoti ci siamo dovuti rassegnare, ma c’è un limite a tutto. Questa volta si è esagerato».
L'allusione è alla chiesa di San Simeon Piccolo sul Canal Grande, di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Lucia; qui, le gambe all’aria (nude) di una signorina stravaccata sul divano rosso (diavolo?) — firmate RoccoBarocco — da un mese pubblicizzano il famoso marchio del lusso. Per trenta denari... Senza scomodare il Vangelo, si tratta di alcune migliaia di euro, che, sommate alle migliaia sborsate da alcune ditte, dovrebbero raggiungere quota 650 mila, cioè il costo dei restauri del pronao, delle facciate laterali e della sacrestia. In sostanza, l'immagine dello scandalo («immorale», secondo l'alto prelato), s’inserisce in una serie di spazi venduti, a rotazione: tra qualche giorno, il cartellone verrà tolto, per lasciar posto al nuovo. (Che si preannuncia sobrio, poiché chi paga è una società di edilizia ecologica).
L'incidente, tuttavia, ha creato imbarazzi nell'ambito delle istituzioni preposte ad autorizzare e a vigilare su come vengono gestite iniziative così «delicate ». In prima fila, spicca la Sovrintendenza ai Beni Architettonici, cui spetta il verdetto insindacabile sulla pubblicità proposta dagli sponsor. La titolare, Renata Codello, afferma: «Premesso che il mio ufficio boccia, mediamente, il 60 per cento dei bozzetti presentati, nel caso specifico il no è stato secco». Eppure sulla facciata quell'immagine c’è finita lo stesso. «Una prevaricazione — dice —. Tanto che ho denunciato l'agenzia responsabile. Purtroppo, l’iter burocratico gioca a favore di chi ha commesso l'abuso. Risultato? La rimozione avviene in ritardo e la questione si chiude con 500 euro di multa». «Ma il danno morale non ha prezzo, è impagabile; e la vergogna resta», ribatte monsignor Meneguolo, rammaricandosi. La sovrintendente, presa di mira suo malgrado, puntualizza: «Intendiamoci, se la Curia, proprietaria del luogo di culto, troverà il denaro mancante, smettiamo con la pubblicità». Aggiunge: «Quando venne restaurata la cupola della stessa chiesa, fu il ministero dei Beni culturali a metterci i quattrini. Poi, ha chiuso i rubinetti».
A rinfocolare le polemiche c'è un dettaglio non trascurabile: la chiesa di San Simon Piccolo è retta da don Konrad zu Loewenstein. Nobile di origini tedesche e tradizionalista. Ogni domenica alle 11 (come recita il manifesto affisso, in italiano e in inglese), egli celebra la Santa Messa in latino, con Rito Romano Antico. È facile intuire, quindi, l'accento marcato della sensibilità del parroco e dei fedeli che lo seguono. Fatto sta che la comparsa dei cartelloni/ spot in genere e quella di RoccoBarocco in particolare, hanno suscitato proteste e malumori. Tanto più che — si sostiene — i lavori vanno molto a rilento, mentre le gigantografie sono sempre lì. E Don Konrad va giù duro, stigmatizzando la pubblicità con una raffica di aggettivi: «Rozza, futile, senza significato, indecente. Inappropriata per una chiesa, per di più una chiesa aperta al culto. Se avesse almeno portato i soldi per completare i restauri, ci sentiremmo un po’ ricompensati». E, a metà pomeriggio di una domenica assolata, eccolo spuntare, tra turisti. Si ferma davanti al portone provvisorio della «casa di Dio» - una lastra, tra le protezioni di alluminio e affigge un nuovo manifesto con gli orari delle messe in latino, delle confessioni plurilingue, dell’ora di adorazione. Il «diavolo» sta alcuni metri più in su, sotto la cupola.
Marisa Fumagalli
04 maggio 2009
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_04/maxi_poster_venezia_chiesa_marisa_fumagalli_1033ef26-3875-11de-a257-00144f02aabc.shtml
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IL NUDO NELLA CHIESA VENEZIANA NON E' UNA NOVITA'
Donne nude, film in chiesa
"Come i corpi della Sistina"
Venezia, opera della Biennale proiettata sopra l'altare. Fedeli in rivolta
VENEZIA - Fuori c'è il caldo soffocante dell'estate veneziana. Ma all'interno della chiesa di San Stae a Venezia regna la frescura, tra le possenti mura settecentesche che custodiscono opere di Piazzetta, di Tiepolo. Un'ipnotica musica new age fa da sottofondo a una videoinstallazione della svizzera Pipilotti Rist, Homo sapiens sapiens.
I visitatori sono scalzi e sdraiati sugli eleganti materassi che coprono il pavimento della chiesa dedicata a Sant'Eustachio. Tutti con il naso all'insù per ammirare il caleidoscopio di colori dell'opera della Biennale. Ci si adagia quasi con voluttà, qualcuno non disdegna un pisolino, i più invece si fanno rapire dai colori pastello e dalle affascinanti ragazze, novelle Eva che la Rist mette in campo per animare un Eden tutto al femminile in cui nulla è lasciato all'immaginazione. Nudi integrali poco apprezzati da un gruppo di turisti cattolici che ha notato la fine tovaglia stesa sopra l'altar maggiore e ha fatto due più due: la chiesa di San Stae è ancora consacrata. I battaglieri visitatori si sono scandalizzati e promettono rimostranze alla curia. Il vicario Beniamino Pizziol interpellato sull'affaire nicchia: "Sì, ho visto l'installazione, meglio parlare con il responsabile, il parroco di San Giacomo dall'Orio, don Aldo Marangoni". La chiesa di San Stae non è certo nuova all'"ospitalità" artistica. "Del resto - commenta don Aldo - non è facile mantenere e restaurare tre chiese come San Giacomo, San Stae e San Zan Degolà a cui la parrocchia fa capo. Certo, se avessi avuto presente i contenuti specifici dell'installazione avrei rifiutato l'affitto".
Non a caso don Aldo ha scritto fin dallo scorso giugno una lettera al Consolato di Svizzera perché il video fosse modificato, ma a nulla sono valse le sue richieste, l'integrità dell'opera ha avuto la meglio. "Effettivamente è vero che dei nudi in chiesa si vedono di rado. Cappella Sistina a parte" conclude serafico il parroco. Fatto sta che per ora il video, uno dei successi indiscussi per afflusso di pubblico della Biennale in corso, resta dov'è. Non la pensa così Vittorio Sgarbi: "Ci sono vari modi di sconsacrare un luogo sacro, usare una chiesa officiata per ragioni profane è uno dei modi. Se poi a questo si aggiungono anche provocazioni extra religiose che gli artisti giocano proprio sul contesto ecclesiale, la cosa diventa di una gravità straordinaria che presuppone l'intervento della curia e una giusta indignazione". Non c'è arte contemporanea ed estetica del terzo millennio che regga. "È una specie di profanazione del culto - conclude Sgarbi - un conto sono Adamo ed Eva nudi come si ritrovano in molte chiese, un altro è il nudo con declinazione profana. È come mettere Venere, non Eva. E venere per sua natura è profana, è un termine che significa, letteralmente, fuori dal tempio". Tanto più che un paio d'anni fa, davanti alla chiesa della Salute, una burrosa matrona di Botero esposta in Punta della Dogana aveva sollevato polemiche proprio da parte della Curia veneziana, scandalizzata dall'oltraggio.
Martina Zambon
da "Corriere del Veneto", 2 agosto 2005
http://www.unavoce-ve.it/08-05-72.htm
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