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mercoledì 14 gennaio 2009

Ateismo, la polemica corre sul bus

Ateismo, la polemica corre sul bus
Destra all´attacco: "Dio non esiste è una pubblicità ingannevole...". Anche l´Azione Cattolica scende in campo: "Se hanno ragione loro è in errore il 90 per cento del mondo"
di Donatella Alfonso

SE L´ATEISMO CORRE SUL BUS - o almeno così vorrebbe l´Uaar, affittando spazi pubblicitari su due mezzi dell´Amt per tutto febbraio - la polemica sull´iniziativa diventa rovente, e non solo nel mondo cattolico: dubbi arrivano infatti anche dal mondo ebraico e islamico (che bolla l´iniziatiova di "gesto folkloristico"), mentre da destra arriva, oltre ad una serie di attacchi durissimi all´associazione degli atei e anche alla sindaco di Genova Marta Vincenzi che ha chiarito come non debba esserci, in assenza di offesa, alcuna censura, anche una provocazione. Cioè il ricorso al garante della concorrenza per pubblicità ingannevole: «far viaggiare sotto gli occhi di tutti, bambini compresi, uno spot pubblicitario che nega l´esistenza di Dio e invita a farne senza è una pubblicità ingannevole e quindi può essere bloccata» tuona Giorgio Bornacin, senatore e coordinatore regionale di An. Se peraltro la Curia ufficialmente tace, la Sir,agenmzia di stampa religiosa, attacca: «Il motivo dichiarato è quello di colpire il cardinale Bagnasco, reo di essere presidente dei vescovi italiani e attraverso di lui la Chiesa, rea di esistere». E mentre l´Azione cattolica segnala che, se avesse ragione lo spot, il 90% del mondo sarebbe in errore perché crede, e il teologo morale Antonio Frungi lancia su Facebook il gruppo «"Dio esiste»"

Dal canto suo il leghista Edoardo Rixi invita i cattolici a boicottare l´Amt e il Comune in una botta sola: non pagando il biglietto. Attacchi pesanti da molti esponenti del centrodestra (Gasparri, Carlucci, il governatore del veneto Galan che prende di mira la Vincenzi e il suo riferimento a De André); per Yunus Distefano, portavoce della CO. RE. IS. (Comunità Religiosa Islamica Italiana) si tratta di un gesto «eclatante», «folkloristico», del quale «non si sentiva il bisogno» e che «lascia qualche perplessità». E Giuseppe Momigliano, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova, l´ha definito «un gesto folkloristico non rilevante» e non crede «che una persona che abbia una sua maturità di pensiero si faccia influenzare da una scritta su di un bus».



Lo scontro sulla frase incriminata («la cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno») fa tirare il freno anche alla concessionaria di pubblicità, mentre la Vincenzi sottolinea che il codice etico della pubblicità sarà quello che dirimerà la vicenda, escludendo ogni rischio di offesa alla religione insito nella frase. Così come sottolinea Marco Fabiani, product manager della IGP Decaux, che chiarisce di aver appreso la notizia dai giornali e di essere ora in attesa dei bozzetti per il 19 gennaio. E la valutazione finale «non è scontata». Gli spazi, per inciso, costano all´Uaar 8000 euro che dovrebbero venire coperti dalle donazioni di socie e simpatizzanti; la prima giornata si era conclusa con 111 donazioni per 2.735 euro, mentre ieri sera, come testimonia Silvano Vergoli, segretario ligure dell´Uaar, si erano superati i 4000 euro.
(14 gennaio 2009)

http://genova.repubblica.it/dettaglio/%C3%88-polemica-sul-bus-degli-atei-La-destra-insorge-Parla-Villaggio/1574633?ref=rephp





il Giornale.it
n. 12 del 2009-01-14 pagina 0

La pubblicità atea sui bus spot involontario per la fede
di Michele Brambilla


Al giornalista de La Stampa che le ha chiesto se non pensa che qualche genovese potrebbe sentirsi offeso dalla pubblicità atea sugli autobus della città, il sindaco Marta Vincenzi ha risposto «Si può sempre salire sul bus successivo», e in questa battuta c’è tutta la sciatteria e l’incoscienza con la quale il nostro mondo «illuminato» sta affrontando la questione religiosa, e più in generale la questione delle nostre radici, della nostra tradizione, della nostra cultura. Si ritiene del tutto ininfluente che di fronte alle nostre cattedrali si preghi come alla Mecca; che la festa del Natale venga cancellata nelle scuole e negli asili; che nei presepi compaiano moschee o le natiche di una pornostar. Tanto, «di Dio non hai bisogno», come recita la pubblicità che comparirà sui bus genovesi.

La storia si è già incaricata di smentire. E non solo perché - come qualsiasi antropologo può confermare - ogni civiltà di ogni tempo e di ogni luogo ha sempre sentito il bisogno di interrogarsi su Qualcosa che la trascende; ma anche perché c’è stato, e non tanto tempo fa, un sistema politico che ha cercato di estirpare il senso religioso e di creare un «uomo nuovo» finalmente liberato dalle «vecchie superstizioni», e le macerie lasciate dall’impero sovietico sono lì a dimostrare com’è finita.

Non credo che alla campagna scattata con singolare sincronia in diverse città del mondo (Washington, Londra, Barcellona, Genova e presto, forse, anche Roma) la Chiesa debba reagire con toni da crociata. Anzi, penso che faccia bene a reagire con un sorriso di compatimento. In fondo, pagliacciate di questo tipo sono destinate a confortare il credente nella sua fede. Aveva ragione Pascal quando diceva che le ragioni degli atei lo convincono dell’esistenza di Dio più che le ragioni dei credenti. Quale «ragionevolezza» c’è, infatti, nel proselitismo ateista? Se uno è convinto che Dio non c’è, perché dovrebbe affannarsi tanto nel cercare di convincere gli altri della sua stessa idea? Si goda la vita senza perdere troppo tempo, vistoche la vitaè breve, anzi è un soffio come dice la Bibbia, e come l’esperienza conferma.

E proprio questo è scritto sui bus di Barcellona: «Dio non esiste, quindi non preoccuparti e goditi la vita». Paradossalmente, questa esortazione fa cadere la maggiore obiezione che viene posta ai credenti, e cioè che ci si aggrappa all’idea di un Dio per cercare una consolazione. Si crederebbe, insomma, perché fa comodo credere. La pubblicità dei militanti ateisti di mezzo mondo ci fa invece capire, al contrario, che credere è scomodo perché pone Qualcuno e una Legge Morale sopra di noi, e quindi non ci fa sentire totalmente liberi di fare ciò che vogliamo, non ci permette appunto di «goderci la vita». La campagna sui bus ci dimostra insomma che, se è vero che molti vorrebbero credere ma non ci riescono, e per questa assenza provano angoscia, molti altri preferirebbero, e di gran lunga, un cielo vuoto per farsi una morale a proprio uso e consumo. «Se Dio non esiste, tutto è permesso», dice Ivan Karamazov. In un periodo in cui anche tanti preti sono spesso tentati di parlare solo di questioni terrene (la pace,la solidarietà, la crisi economica, l’inquinamento) la campagna ateistica dei pullman arriva quasi provvidenziale, riporta la discussione al nocciolo: Dio esiste oppure no? Ed è provvidenziale pure che, come ai tempi di Pascal, le ragioni di chi nega siano affidate a protagonisti tanto fragili, come a quella Uaar (Unione atei agnostici e razionalisti) di cui è presidente onorario Odifreddi, il matematico di Cuneo che i genitori chiamarono Piergiorgio in onore del beato Frassati, che studiò in seminario per diventare prete, ma che poi cambiò progetto di vita e ora dice (testualmente) che solo un cretino può essere cristiano.

Quante prese di posizione si spiegano più con la psicologia che con la teologia. La Chiesa lo sa, e fa bene a non prendere troppo sul serio l’apostolato al contrario dei mezzi pubblici. Resta la sciatteria di cui dicevamo, quella di un mondo occidentale che sembra aver deciso di chiudere i conti con il cristianesimo, e che crede che a tale scopo tutto faccia brodo,dallepubblicità degliatei all’avanzata dell’islam, considerato alleato strategico contro ilnemicostorico, la Chiesa. Si accorgeranno presto di quanto un musulmano possa apprezzare un autobus che nega quel Dio che, secondo l’islam, solo un pazzo non riconosce nel sole che sorge a mezzogiorno. A differenza dei cristiani, per i quali la fede è una grazia, e che anche per questo sono molto più «laici» nei confronti di chi non crede.



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