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domenica 3 febbraio 2008

BLASFEMO-CRISTIANI NUDISTI-J.WIJNGAARDS

Nudi senza vergogna
di John Wijngaards
da MISSION TODAY, Summer 1995, pp. 12 - 13.

Dopo una liturgia del Venerdì Santo, qualcuno mi chiese in tutta confidenza se il crocifisso che usavamo era fedele alle Scritture, poiché aveva imparato a scuola che Gesù era morto nudo sulla croce.

In realtà, non è facile stabilire con certezza cosa successe a questo proposito quando Gesù fu crocifisso. Il Vangelo di Nicodemo, apocrifo, afferma che Gesù indossava un panno attorno ai fianchi (Nicod 1:10). Questo Vangelo, tuttavia, fu scritto secoli dopo l’evento, e non è affidabile. Esso trae la descrizione della crocifissione da una fonte devozionale ma leggendaria: i cosiddetti Atti di Pilato, composti verso la fine del secondo secolo.

Alcuni studiosi della Scrittura ritengono che questo panno sui fianchi fosse una speciale concessione fatta dai Romani ai Giudei per non urtare la loro sensibilità. La somministrazione di droghe anestetizzanti prima della crocifissione poteva essere un’altra concessione di questo tipo. Anche a Gesù ne fu offerta una, ma egli rifiutò di berla (Matt. 27:34; Marco 15:23).

Non abbiamo, però, alcuna specifica conferma di una simile concessione riguardo alla nudità. Dai quattro Vangeli si ha l’impressione che i soldati togliessero a Gesù tutti i vestiti e se li dividessero come bottino.

Come trattavano, i Romani, quelli che venivano crocifissi? Dalle descrizioni lasciateci da scrittori contemporanei come Artemidoro e Arnano si deduce che le disgraziate vittime, in effetti, fossero lasciate completamente nude. Le meditazioni di alcuni Padri della Chiesa, come S. Cipriano e S. Agostino, sulla nudità di Gesù mostrano la loro convinzione che la nudità totale fosse una delle umiliazioni inflittegli. Soppesando le testimonianze, ritengo molto probabile che Gesù non indossasse un panno attorno ai fianchi.

E’ comprensibile che si eviti un realismo estremo nelle nostre crocifissioni e in altre rappresentazioni della passione, ma questo non dovrebbe farci dimenticare gli orrori della crocifissione. Per amor nostro, come dice Paolo (Fil 2:7), Gesù rinunciò a tutto ciò che possedeva. Insieme al dolore fisico, egli soffrì anche l’atroce umiliazione di essere esposto pubblicamente, nudo e vulnerabile, alla "colonna infame". Questo non vale forse, di per sé, una meditazione e una parola di ringraziamento?

Ma può essere importante, poi, prendere in considerazione anche la nudità. A causa del nostro passato vittoriano e puritano, nella nostra spiritualità abbiamo ancora tracce di sentimenti ostili al corpo. Ricordo che una volta un’infermiera mi riferì che, mentre faceva il bagno ad un paziente cattolico, questi le disse: "Sorella, dev’esser duro per lei vedere tanto peccato".
""Che cosa vuole dire?", gli chiese lei.
"Beh, toccare il corpo e roba del genere".


L’osservazione celava probabilmente un complesso di nozioni errate: quasi che una parte del nostro corpo fosse meno santa o rispettabile di altre; come se la nostra sessualità fosse semplicemente tollerata da Dio come male minore; o quasi che, come ho sentito da alcuni, il peccato originale si trasmettesse attraverso il rapporto sessuale. Figuratevi: il legame più meraviglioso al mondo, attraverso il quale marito e moglie cooperano alla creazione divina, visto come canale del peccato!

Nella nostra cultura, in cui del sesso si parla più apertamente, e in cui al tempo stesso la nudità è spesso sfruttata dai media a scopi commerciali, troviamo fianco a fianco l’antica vergogna puritana del corpo, un’insana preoccupazione per il sesso, e la ricerca di una libertà responsabile. Oggi è essenziale che noi cristiani ri-affermiamo le nostre convinzioni sul corpo.

Il corpo umano è bello. In esso non c’è niente che sia peccato, o di cui dobbiamo vergognarci. Il corpo mantiene la sua dignità e bellezza anche nella vecchiaia. Ai tempi di Gesù la gente era molto più naturale di noi sotto questo aspetto: Pietro era nudo quando lavorava sulla sua barca (Giov. 21:7); i Greci e i Romani praticavano i loro sport senza vestiti (la parola greca gymnos significa “nudo”, e la troviamo ancora in termini come “ginnastica” e “ginnasio”).

Possiamo provare un pudore sano e prudente nei confronti della nostra nudità, ma abbiamo anche ereditato un pudore sbagliato: come se fossimo Adamo ed Eva che, dopo aver peccato, d’improvviso scoprono di essere nudi (Gen 3:7). Una buona educazione cristiana dovrebbe aiutarci a scoprire la vera bellezza del corpo umano e del sesso. E’ proprio per il nostro profondo rispetto del corpo, tempio dello Spirito Santo, che dobbiamo evitare di farne un semplice strumento di piacere (1 Cor 6:18-20).

Trovo che la nudità di Gesù sulla croce sia significativa in questo contesto. Nel suo corpo Gesù ha portato tutte le cicatrici del nostro mondo, incluse la nostra smania e le nostre aberrazioni sessuali. Ci ha redento, e attraverso il suo corpo risorto ci permette di portare il nostro con un rinnovato senso di felicità e rispetto. "Questo sono io, è il mio corpo", ci dice quando riceviamo la santa comunione. Allora si riversano in noi la sua passione e la sua umiliazione, ma anche la sua resurrezione.

http://www.womenpriests.org/it/body/nakedwos.asp

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