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domenica 3 febbraio 2008

IL REVERENDO LOUIS WEIL-ESALTA LA SCULTURA BLASFEMA DELLA MADONNA NUDA DI GUY REID

L’Ancella del Signore
di Louis Weil
L’omelia seguente è stata pronunciata nella Chiesa di Santa Maria Vergine per la festa di Annunciazione dell’8 aprile 2002 dal Reverendo Louis Weil, James F. Hodge, Professore di Liturgia alla Church Divinity School of the Pacific.


""Ecco, io sono l’ancella del Signore.
Avvenga di me secondo la tua parola".
-- Luca 1: 38

Circa due anni fa, una nuova statua di Nostra Signora e del Bambino Gesù installata nella chiesa di S. Matteo a Londra provocò una certa protesta sulla stampa religiosa. Se guardate la statua dal di fronte, la Madre Benedetta vi presenta il Figlio. Nessuna delle due figure ha un volto dolce o grazioso: non c’è niente di sentimentale né nella Madre né nel Figlio. Ciò che vedete è un ritratto estremamente essenziale della nostra umanità.

Il Bambino è nudo. Ma questo non è inconsueto in molta arte cristiana, come, per esempio, nel Della Robbia qui a Santa Maria. Però, guardando Nostra Signora che tiene il Bambino, vi accorgete che è svestita anche lei, ed è questo, naturalmente, che fece esplodere le critiche. Si disse che era sconveniente, addirittura degradante per la Vergine Benedetta, l’esser raffigurata nuda.

Intervistai lo scultore, Guy Reid, in merito a queste proteste. Dopo l’apparizione dei primi articoli, gli era stata richiesta un’intervista, e lui si era dichiarato stupito della reazione negativa. Disse di aver “semplicemente raffigurato Nostra Signora come seconda Eva". Di fronte a ciò, i critici tacquero. L’artista si era addentrato in una delle più fondamentali immagini teologiche della Madre di Nostro Signore: l’immagine di colei in cui la disobbedienza dell’umanità è capovolta; di colei che, accettando il volere divino, fa sì che la Chiesa possa cantare, alla vigilia di Pasqua: "Benedetta iniquità, che hai ottenuto per noi una redenzione così grande". Il peccato di Adamo è capovolto dalla frase di Maria: "Sia di me secondo la tua parola".

La statua di Londra ci rammenta la nostra tendenza ad addomesticare le immagini: a domarle, a renderle innocue e non problematiche, a sceglierne un ristretto gruppo dalla vasta gamma di quelle emerse dall’esperienza della Chiesa e del Sacro.

Abbiamo bisogno di molte immagini se vogliamo evitare di prenderne alla lettera alcune delle più sicure. Per la Vergine Benedetta la gamma è vasta: dalle grandi icone del Theotokos, il Portatore di Dio, che ci parla del ruolo elevato di Maria, fino, ad esempio, alla sconcertante scena d’apertura del film di Pasolini Il Vangelo secondo Matteo, in cui vediamo una Maria adolescente disorientata, che è grande con il figlio ma il cui volto sembra chiedere: "A cosa ho dato il mio assenso?" Qui vediamo Maria in tutta la vulnerabilità della sua umanità.

Abbiamo bisogno dell’intera gamma di queste immagini per non cadere nella trappola del credere che ciascuna immagine catturi il significato del mistero dell’azione divina nella storia umana. Il grande rischio dell’identificazione del Sacro con un’unica immagine è che questa diventi un idolo, un idolo che confina a se stesso la nostra visione di Dio ed inibisce il nostro incontro con la Sua gloria, posta al di là di ogni nostra immagine, e alla quale, nel migliore dei casi, le nostre immagini possono condurci.

Così, la statua della Madre e del Bambino in S. Matteo di Londra non costituisce l’ultima parola nel nostro immaginario di Maria e Gesù, ma, all’interno del vasto spettro di immagini, è – credo - un’immagine importante, in grado di sfidarci in maniera particolare. Le figure di Gesù e Maria sono notevolmente forti e vulnerabili al tempo stesso. E’ una combinazione rara: forza e vulnerabilità. Le due figure incarnano la risposta di Nostra Signora all’Annunciazione di Gabriele: "Sono l’ancella del Signore". Qui c’è la forza: so chi sono, sono una figlia di Dio. Ma, pur nella forza di questa identità, c’è anche vulnerabilità: "Che sia di me secondo la tua parola". Qui c’è un’affermazione di assoluta dipendenza, una vulnerabilità che normalmente non associamo alla forza. La nudità delle due figure rende evidente questa vulnerabilità, ma, al tempo stesso, esse sono forti.

In questo modo, la statua ci parla della nostra relazione con Dio: fa appello alla forza e alla sicurezza nella nostra identità di figli di Dio, e allo stesso tempo ci ricorda che, in definitiva, siamo nudi. Siamo vulnerabili a tutti i "cambiamenti e vicissitudini di questa vita mortale", in questa vulnerabilità siamo identificati con la Maria adolescente disorientata, e con lei dobbiamo rispondere ad una vita di cui non ci è fornito alcun tracciato: "Avvenga di me secondo la tua parola".

O, come diciamo nella preghiera del Signore, "Sia fatta la tua volontà".

In questo tempo pasquale, un’immagine primaria di Nostra Signora è quella di "Regina dei Cieli", immagine antica nella tradizione. Già nel quinto secolo, a Roma, abbiamo un mosaico raffigurante Nostro Signore che pone una corona sul capo di sua madre. E’ immagine consona alla Maria Portatrice di Dio, ma dobbiamo ricordare che si tratta di un’immagine derivanteci dalla nostra esperienza storica del potere e dell’autorità. Mi viene in mente l’incontro tra Gesù e Pilato che sentiamo proclamare nella Settimana Santa. Pilato chiede a Gesù: "Allora sei un re?", e Gesù risponde: "Re è una parola tua".

E’ vero: "Re" e "Regina" sono parole nostre. Sono i farfugliamenti e balbettii di noi umani che cerchiamo di trovare parole e immagini atte ad esprimere il nostro timore e la nostra meraviglia all’imbatterci nel Mistero di Dio presente e attivo nella nostra vita. Abbiamo bisogno di tutte le immagini: il Re dei Re, il Servo sofferente, il Bambino in una mangiatoia, la Regina dei Cieli, la Seconda Eva, l’Ancella del Signore.

Ma stanno oltre le immagini la Gloria e l’alterità di Dio, del Santissimo che venne a condividere la nostra umanità quando una giovane popolana giudea disse: "Avvenga di me secondo la tua parola".

Louis Weil

http://www.womenpriests.org/it/body/nakedmad.asp

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