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martedì 16 dicembre 2008

PAOLO BENVENUTI CI PARLA DEL SUO FILM " IL BACI DI GIUDA"

Prima ancora di realizzare il film, Benvenuti ha dichiarato:
"Intendo filmare non una ricostruzione storicamente realistica della Passione, come altri hanno fatto, ma una sorta di sacra rappresentazione realizzata in luoghi tardomedievali della Toscana, con attori dal forte accento popolare. I riferimenti pittorici saranno perciò Giotto, Piero della Francesca, ma soprattutto Masaccio. La fotografia dai colori bruni e il suono in presa diretta dovranno ricreare con la luce gli echi di un’atmosfera magica e rarefatta, sospesa come nel vuoto. Perché non di realtà si tratta, ma di evocazione".
Le promesse della vigilia sono state mantenute. Il Bacio di Giuda pur essendo un film a basso costo, ha caratteristiche di stile che ne fanno un prodotto di alta qualità.

Virgilio Fantuzzi, Il bacio di Giuda di Paolo Benvenuti, "La civiltà cattolica", II, 1990.

A proposito dell’approccio di Rossellini rispetto ai Vangeli, hai dichiarato che il Bacio di Giuda sarebbe stata una risposta al suo Messia...

Io dico che la vicenda narrata dai Vangeli non è una vicenda storica, se per storia si intende la ‘scienza storica’. Non si possono prendere i Vangeli come documento di fatti storicamente determinati, mancano i riscontri e le prove archeologiche corrispondenti. Alla luce delle attuali conoscenze, non possiamo dire con assoluta certezza che le cronache dei Vangeli siano pagine esatte di storia; possiamo, però, dire che sia i Vangeli apocrifi che quelli canonici, hanno determinato un immaginario collettivo che chiamo metastorico. Tutti noi ci immaginiamo un Cristo alto, bello, biondo, con la barba e i capelli fluenti; così come ci immaginiamo una Gerusalemme ideale... Infatti se tu modifichi questo immaginario, il pubblico resiste e reagisce negativamente; il mio Cristo, per esempio, non a tutti piace.
Se si mettono sullo stesso piano i fatti dei vangeli con quelli accaduti a Luigi XV, per esempio, si fa, secondo me, un’operazione di mistificazione storica; ed è quanto ha fatto Rossellini per l’episodio evangelico. Faccio della storia di Cristo una rappresentazione mentre Rossellini ne fa una ricostruzione storica; questa è la mia risposta. Anzi io faccio la rappresentazione cinematografica di una sacra rappresentazione teatrale, che ha forti riferimenti con la rappresentazione pittorica; o, viceversa, faccio la rappresentazione cinematografica di una rappresentazione pittorica che prende le mosse dalle sacre rappresentazioni popolari, medievali. In questo senso, ritengo di aver fatto un’operazione culturalmente più corretta di quella di Rossellini. Su questo avevamo avuto divergenze.

Dici che il tuo metodo di lavoro ricalca un po’ quello degli scalpellini pisani del 1200...

Questo riguarda il mio "fare" cinema, il mio operare. Faccio un lavoro avendo in testa la cattedrale finita; il problema è fare tutti i ‘conci’, i pezzi di marmo squadrati che poi messi insieme costituiscono la cattedrale. Io devo sapere esattamente dove va quel pezzetto e a quale altro pezzetto va attacato sopra. Il duomo di Pisa, ad esempio, è un insieme di incredibili incastri di pietre di colori diversi, di tante colonne e archetti differenti che poi si compongono in un tutto armonico.
La differenza che si integra perfettamente con il contesto generale fa dell’opera un’opera viva. Questo è l’atteggiamento da ssumere, lavorare il materiale grezzo cinematografico in maniera tale che alla fine, quando si attaccano i vari pezzi, tutto torni armonico e vivo come un’opera architettonica.

Da: Luisa Ceretto, "Un cinema che pone domande. Conversazione con Paolo Benvenuti", in Il cinema di Paolo Benvenuti a cura di L.Ceretto, I quaderni del Lumière, n.21.
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Screenplay by Stefano Nannipieri & Luisa Traina



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