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martedì 23 dicembre 2008

UN ARTICOLO DEL 1993 ALL'USCITA NELLE SALE DEL FILM BLASFEMO " PER AMORE, SOLO PER AMORE "

San Giuseppe fa l’amore: sarà assolto?

Per amore, solo per amore
Un film di Giovanni Veronesi. Con Stefania Sandrelli, Alessandro Haber, Penelope Cruz, Diego Abatantuono, Valeria Sabel, Ugo Conti, Mariangela D'Abbraccio, Massimo Pittarello, Renato De Carmine. Genere Religioso, colore 105 minuti. - Produzione Italia 1993.


Esce oggi la pellicola di Giovanni Veronesi tratta dal libro di Festa Campanile: e si preannuncia la polemica. Don Mazzi: "Mi piace quel cinema che umanizza la religione" Abatantuono è il sensuale falegname che pecca con la Sandrelli ma non tocca la Madonna. Il prete di Domenica In: "La Chiesa deve capire" – ma non toccate Pasquale.
Prima di Aurelio De Laurentiis, il produttore del film "Per amore solo per amore", tratto dal libro di Pasquale Festa Campanile, da oggi sugli schermi, anche Hollywood aveva trasformato la storia d’amore della Vergine Maria e del falegname Giuseppe in un colossal tv, prodotto dalla Nbc, che aprì il dibattito tra "cinema e spiritualità", "sacro e blasfemo". Come accadde per "L’ultima tentazione di Cristo" di Scorsese, per il musical "Jesus Christ Superstar", per il provocatorio "Je vous salue Marie" di Godard e per il recente "Il ventre di Maria" di Perlini. Anche stavolta, mentre Sergio Citti prepara un’opera sui Re Magi, visti come comuni mortali pieni di sogni e bisogni, e mentre procede il colossal "La Bibbia", da più parti si levano proteste. "Cristo e la Vergine Maria non sono eroi da film". "Queste pellicole presentano la vita dei santi senza alcun rispetto della verità rivelata", gridano gli integralisti, ma le voci discordanti sono molte: in nome del Signore o degli incassi. "È vero, nel mio film Giuseppe è un uomo molto sensuale. Fa l’amore, ma non con Maria", dice Giovanni Veronesi, il trentenne regista di "Per amore, solo per amore" interpretato da Abatantuono, Penelope Cruz, Alessandro Haber e Stefania Sandrelli nel ruolo della vedova peccatrice, amante di Giuseppe. "Non sono cattolico osservante, ma credo di essere stato estremamente onesto presentando una Madonna "terrena", senza manto celeste. Però, anche se non penso che i cattolici protesteranno, di bigotti son piene le chiese... Eppure, il Papa ha recentemente parlato della figura di San Giuseppe, "un uomo giusto". Un uomo cancellato da una Storia più grande di lui: questo è il tema che mi interessa. "La prima parte è fedele al libro, la seconda mi appartiene di più – Alessandro Haber, il servo Socrates, viene dalla Grecia: è la "voce laica" della storia e non a caso subisce la punizione "divina" del taglio della lingua. Con lo sceneggiatore Ugo Chiti abbiamo inventato la piramide nel deserto, che rappresenta le avventure della giovinezza di Giuseppe sulla strada di Tolemaide, città del peccato. E se il cavallo bianco, "mezzo" di perdizione, nel libro viene rubato, nel film Giuseppe lo abbandona quando la sua vita cambia". Interviene Abatantuono: "La storia di Giuseppe è umana e divina al tempo stesso. Proprio per questo non vedo gli elementi di una violazione dei diritti dei cattolici". Il film certamente riaprirà il dibattito e ci sarà chi, ancora una volta, riconoscerà l’insuperabile spiritualità "umanizzata" del Cristo di Pier Paolo Pasolini in "Il Vangelo secondo Matteo". Dice don Antonio Mazzi, alla guida della comunità "Exodus" e presente a "Domenica In": "Non ho visto questo film, ma osservo sempre con grande attenzione i film che "umanizzano" argomenti religiosi. Riaprono indirettamente il dibattito anche sui nudi nell’arte religiosa. La logica dell’arte è quasi sempre provocatoria, va oltre. Bisogna offrire al pubblico gli strumenti della logica e dell’arte per instaurare un dibattito. L’amore fa parte della vita, la Chiesa deve tentare di capire, non di giudicare. La dottrina non può non tenere contro della trasparenza dell’amore". Padre Bartolomeo Sorge: "Parlare in generale, senza avere visto il film, è difficile. Il "Vangelo secondo Matteo" di Pasolini era bellissimo. Seguirò con grande interesse il dibattito che scaturità da questo film. Non significa che mi sottraggo all’interrogativo, ma che per ora lo sospendo". Chi è l’autore del film? Il tempo passa e l’arrugginita polemica non smette di sferragliare, di produrre sempre nuove schede a futura memoria. Ed ecco l’ultima. Com’è d’uso per le pellicole di prossima programmazione, mi arriva la "brochure" pubblicitaria di "Per amore, solo per amore" con una nota a firma orgogliosamente autografa del regista Giovanni Veronesi, al suo secondo film dopo l’opera prima "Maramao". "Questa è la storia d’amore più famosa del mondo" esordisce il cineasta, spiegando che si tratta del rapporto fra Giuseppe e Maria genitori di Gesù – E continua: "La mia storia racconta quello che non si sa, che non è mai stato detto... Non c’è nulla di sacro nel film, nulla di blasfemo: ho solo tentato d’immaginare la parte mancante di una storia... La mia Maria...". La "mia" storia, "ho tentato di immaginare", la "mia" Maria? Ma questa non è la sua storia, non è la sua Maria e Veronesi non ha immaginato un bel niente: ha soltanto utilizzato il notissimo romanzo omonimo di Pasquale Festa Campanile, a suo tempo laureato con il Premio Campiello, che chiunque con L. 10.500 può acquistare nei Tascabili Bompiani; e ne ha tratto la sceneggiatura a quattro mani con il commediografo Ugo Chiti (altro nome che è ingiusto tralasciare presentando il film). Del resto la dizione "dal romanzo di" è ben chiara nei titoli di testa; e meno male che contratti e consuetudini la impongono perché altrimenti, in tanta furia di appropriazioni indebite, sparirebbe anche quella. Se "Per amore, solo per amore" ha pregi di originalità, lo si deve alla reinvenzione della figura metastorica del babbo terreno di Cristo, a suo tempo riconosciuta da tutta la critica, di cui parla Carlo Bo nella prefazione al romanzo: "...un Giuseppe probabile, fuori dalle poche luci che la storia sacra ci consente, così come ce lo possiamo immaginare; e che il Festa Campanile ha cercato di legare a tutto il resto dell’accertabile storicamente...". Certo Pasqualino ha il torto di essere scomparso nel 1986 e di non essere più qui a protestare. Come se lui, firmando nel ‘66 la regia del film tratto da "La costanza della ragione", avesse trascurato di fare il nome di Vasco Pratolini autore del romanzo. Impensabile. Oggi, invece, l’atteggiamento di Veronesi non rappresenta un caso isolato: si inquadra nella concezione di un "autorismo" assoluto del regista, originariamente targata Nouvelle Vague e ormai degenerata al punto di cancellare i veri autori dei libri, dei soggetti e dei copioni a beneficio dei (come vogliamo chiamarli?) traduttori in immagini, adattatori, rielaboratori, realizzatori, inscenatori, tutti estremamente solleciti a nominarsi autori sul campo. Quando recensiremo il film potremo valutare se Giovanni Veronesi ha dato una sua lettura, una sua particolare interpretazione di "Per amore, solo per amore". Ma questo titolo, a dispetto di tutte le variazioni presenti e future, resta e resterà sempre una creazione di Pasquale Festa Campanile.
Da Il Corriere della Sera, 28 ottobre 1993
Sito: Il Corriere della Sera



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